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Etichette chiare sui cibi. Dal 9 maggio nuove sanzioni per le etichette irregolari degli alimenti.

Da mercoledì 9 maggio scattano le nuove sanzioni per le etichette irregolari degli alimenti. Entra infatti in vigore il decreto legislativo 23 del 15 dicembre 2017 che “dà attuazione” alla disciplina Ue di tutela dei consumatori. Le penalità per gli indadempienti varieranno da un minimo di 500 euro a un massimo di 40mila. Definire, ad esempio, un prodotto come «vegano» o «vegetariano» quando non ne ha le caratteristiche costituisce una violazione delle pratiche leali d’informazione che può costare da 3mila a 24mila euro. Ma andiamo con ordine.

Regolamento Europeo

Il regolamento Ue 1169/2011 che dà origine alla normativa italiana è stato emanato per garantire che i consumatori siano adeguatamente informati sugli alimenti, in modo da consentire scelte consapevoli,prevenendo qualunque pratica suscettibile di indurre in errore i cittadini. Sono state così definite a livello europeo le informazioni che devono obbligatoriamente comparire sull’etichetta di un prodotto alimentare preimballato, come ad esempio, il termine minimo di conservazione o la data di scadenza dell’alimento, la dichiarazione nutrizionale o l’elenco degli ingredienti.

Disposizioni Italiane

Da qui si arriva al decreto legislativo italiano 231/2017, che essenzialmente interviene in due distinti ambiti: da un lato, definisce le sanzioni per le violazioni del regolamento Ue 1169/2011, disponendo le pene pecuniarie che variano, a seconda della gravità delle singole infrazioni, raggiungendo - come detto - un tetto massimo di 40mila euro; in secondo luogo adegua la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento Ue, disciplinando aspetti non armonizzati a livello europeo, come, ad esempio, la vendita dei prodotti non preimballati, l’indicazione del lotto e la vendita in distributori automatici di alimenti non preimballati, prevedendo, al contempo, le sanzioni correlate.

Il regolamento europeo, inoltre, dispone che sugli alimenti vadano indicate obbligatoriamente le sostanze che possono provocare allergie o intolleranze e detta norme relative ai requisiti di etichettatura di queste sostanze: ad esempio, la loro messa in evidenza rispetto ad altri ingredienti. In questo caso, la mancata apposizione dell’indicazione obbligatoria viene punita con una sanzione amministrativa da 5mila a 40mila euro.

Il legislatore italiano, comunque, ha predisposto una “clausola di salvaguardia” e alcune norme mitigatrici di questo panorama sanzionatorio.

Fa salvo, tra l’altro, quanto prodotto entro il 9 maggio: prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo, gli alimenti etichettati o immessi sul mercato che non siano conformi allo stesso decreto nazionale possono essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.

Niente sanzioni, poi, ma solo una diffida a provvedere entro 20 giorni alla regolarizzazione della situazione non a norma, nel caso in cui vengano contestate per la prima volta alcune infrazioni consistenti in errori e omissioni formali o alcune violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili.

Le penalità, infine, non si applicano in due casi specifici: 

- per le forniture di alimenti effettuate a favore di organizzazioni senza scopo di lucro che le distribuiscono a persone indigenti solo quando le etichette presentano irregolarità diverse da quelle riconducibili alle informazioni sulla data di scadenza o alle sostanze che possono provocare allergie o intolleranze;

- nel caso di alimenti immessi sul mercato corredati da adeguata rettifica scritta delle informazioni non conformi alla legge.

Le sanzioni vengono irrogate dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari), restando comunque ferme le competenze spettanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per le violazioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette.

 

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